L’etichetta di un vino è disciplinata per legge e deve contenere tutta una serie di informazioni necessarie al consumatore europeo, che implicano la trasparenza del prodotto ai fini di concorrenza leale e agevolazione del libero mercato (e quindi delle esportazioni).
L’Europa impone che l’etichetta riporti tutte le informazioni obbligatorie. Pertanto, qualora la bottiglia presenti più etichette, deve essere comunque una e una sola quella con le informazioni per il consumatore, cosicché lo stesso non sia obbligato a doverle reperire con difficoltà, rigirando in continuazione la bottiglia. Secondo la legge, inoltre, non esiste un davanti e un dietro della bottiglia, per cui la cosa importante è rispettare le giuste proporzioni e le regole che seguiranno.
Mentre nel resto d’Europa le etichette sono più o meno standardizzate e ben identificabili, in Italia ci si lascia forse un po’ troppo spesso trasportare dal desiderio di originalità, che spinge i produttori a distinguersi. Per non entrare in contrasto però con le normative vigenti, vediamo quali sono però i campi obbligatori che le etichette devono riportare
-Denominazione di vendita
-Azienda imbottigliatrice
-Paese di provenienza
-Volume nominale, ovvero il contenuto di vino
-Volume alcolico, espresso in percentuale
-Lotto, ovvero quando è stato confezionato
-Eventuali allergeni (ad es. solfiti)
Non è indicato un ordine preciso attraverso il quale disporre questi elementi. Come già evidenziato in precedenza, sarà comunque necessario rispettare le corrette proporzioni, in modo da garantire la giusta visibilità.
Nel caso in cui la bottiglia presenti più etichette, bisogna accertarsi che tutte le etichette presenti non entrino in contraddizione con quella obbligatoria per legge.
Risulta essere possibile indicare separatamente rispetto alle altre informazioni – che invece devono essere obbligatoriamente inserite nella stessa etichetta – il lotto ed eventuali allergeni, poiché queste informazioni non risultano obbligatorie negli altri paesi dell’Unione Europea
Denominazione di vendita
Indica al consumatore il contenuto del prodotto che acquista. Sostanzialmente, se si tratta di vini varietali o senza denominazione, si può usare la dicitura VINO, seguita da un termine che ne qualifica il colore: bianco, rosso, rosato. La dimensione della denominazione sull’etichetta, dev’essere almeno il doppio rispetto alla dimensione del testo inerente l’azienda imbottigliatrice.
Secondo legge, un vino privo di Indicazione Geografica o Denominazione d’Origine (IG o DO) deve rispettare delle caratteristiche ben precise
-Possedere una percentuale alcolica non inferiore al 9%, sia naturale che aggiunta artificialmente.
-Possedere una percentuale alcolica non superiore al 15%. Oltre questa percentuale si parla di vino liquoroso, vino da uve appassite o vino da uve stramature.
-Essere il prodotto di risulta di fermentazione alcolica – totale o parziale – di uve fresche o mosti.
-Possedere una quantità di acido tartarico non inferiore ai 3,5 mg/l.
Vini varietali
Sono quei vini privi di IG e DO, che però possono vantare l’indicazione del vitigno e dell’annata. Di questa categoria, per intenderci, fanno parte quei vini prodotti con solo uno dei sette vitigni in elenco al D.M. dei 13 agosto 2012 (allegato 4): Cabernet franc, Cabernet sauvignon, Cabernet, Chardonnay, Merlot, Sauvignon, Syrah.
Un’altra informazione che può essere aggiunta all’etichetta, indica la tipologia di produzione (ad es. vino frizzante) e il contenuto di zuccheri.
A titolo esemplificativo, ecco alcune tipologie che possono essere assegnate ai vini liquorosi sulla base degli zuccheri residui contenuti
-“secco” fino a 40 gr/l
-“semisecco” oppure “amabile” da 40 a 100 gr/l
-“dolce” superiore a 100 gr/l
Per i vini frizzanti, le tipologie variano sulla base di contenuti di zuccheri diversi
-“secco” fino a 15 gr/l
-“semisecco” o “abboccato” da 12 a 35 gr/l
-“amabile” da 30 a 50 gr/l
-“dolce” sopra i 45 gr/l
Per i vini con IG e DO invece, l’etichettatura segue regole diverse. Per questi infatti non vige l’obbligo di utilizzare la dicitura “VINO” sull’etichetta. E’ sufficiente la denominazione d’origine o l’indicazione geografica. Nel prossimo capitolo, analizzeremo le differenze.
Vini a Indicazione Geografica o Denominazione d’Origine
Vediamo adesso come è opportuno riportare la denominazione di vendita per vini ad Indicazione Geografica o Denominazione d’Origine, riconosciuti tali a seguito di analisi delle proprietà chimico-fisiche ed organolettiche.
Tanto per cominciare, il carattere di stampa della denominazione d’origine deve essere almeno il doppio di quello dell’azienda vinicola. In generale, nessun’altra indicazione sull’etichetta può superare le dimensioni della DO. In certi casi, i disciplinari di IG e DO possono prevedere che la menzione abbia un carattere delle stesse dimensioni della DO, stesso font e colore.
Quando si tratta di vini a IG o DO, non sarà necessario menzionare la parola “VINO” sull’etichetta, ma basterà l’IG o la DO, eventualmente accompagnata da ulteriori menzioni speciali, tradizionali o il nome del vigneto. Sia l’IG che la DO sono relative alla zona dei vigneti. In Italia un esempio emblematico è quello del Barolo. Nel caso del “Nero D’Avola” invece, mentre Avola indica la DO, Nero è una menzione aggiuntiva che accompagna la denominazione. Ricapitolando quindi, lo schema a titolo esemplificativo è il seguente
Terre di Franciacorta / DOC / Menzione (ad es. Classico)
Il nome del vitigno può essere menzionato alla fine, o può far parte direttamente della denominazione d’origine. E’ bene comunque consultare spesso il sito del Ministero per le politiche agricole, che aggiorna costantemente le denominazioni riconosciute, e le rispettive modifiche accettate.
Esistono casi particolari in cui la sede dell’imbottigliamento o il nome dell’imbottigliatore coincidano con una parola compresa nella denominazione d’origine. In tal caso, il disciplinare impone che i caratteri della DO siano 4 volte più grandi rispetto a quelli della sede o del nome dell’imbottigliatore. Inoltre, i caratteri di questi ultimi non possono superare i 3 mm in altezza e i 2 mm in larghezza.
In Italia, nelle etichette è possibile inserire le seguenti diciture, atte a proteggere la DO e l’IG
-Denominazione di origine controllata (DOC)
-Denominazione di origine controllata e garantita (DOCG)
-Denominazione di origine protetta (DOP)
-Indicazione geografica protetta (IGP)
-Indicazione geografica tipica (IGT)
In etichetta è vietato indicare le sigle, ma va apposta la dicitura per esteso.
Azienda Imbottigliatrice
L’azienda che imbottiglia, può coincidere – oppure no – con l’azienda produttrice. In ogni caso, è fondamentale per il legislatore che vi sia massima trasparenza riguardo a questa particolare informazione, perché è fondamentale per il consumatore mantenere l’assoluta tracciabilità di quest’ultimo step della catena produttiva, per risalire ad eventuali responsabilità in caso di problemi.
A differenza dell’azienda imbottigliatrice, non è obbligatorio riportare sull’etichetta il nome dell’azienda produttrice. Questo perché sarà l’azienda imbottigliatrice a rivalersi su quest’ultima, se ce ne fossero i margini, una volta risarcito direttamente il consumatore.
Regola diversa invece per i vini importati: in questo caso è obbligatorio riportare il nome di chi importa, e non dell’azienda che ha imbottigliato.
Ai sensi di legge, per “imbottigliatore” si intende quella persona fisica o giuridica, o associazione di tali persone, che imbottiglia o fa imbottigliare il prodotto per suo conto. Questo vuol dire che l’azienda imbottigliatrice può anche rivolgersi a terzi per il processo di imbottigliamento, pur risultando comunque il diretto responsabile (anche se per obbligo, in questi casi l’azienda imbottigliatrice deve indicare pure l’azienda terza).
Per “imbottigliamento” si intende il riempimento del recipiente, di capienza massimo 60 litri, ai fini della vendita.
Il nome dell’imbottigliatore può essere sostituito col codice ICQRF, rilasciato dal Dipartimento dell’Ispettorato centrale di tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, che fa capo al Ministero. Informazione obbligatoria aggiuntiva è il nome del comune dove avviene l’imbottigliamento.
Se il nome del comune è inserito nella IG o nella DO, e questo non coincide con la sede di imbottigliamento, in questo caso bisogna rispettare le giuste proporzioni nell’indicazione in etichetta: denominazione di vendita in rapporto 4:1 e altezza massima del testo 3 mm, larghezza 2 mm. In alternativa, si rimposta il codice Istat del comune.
Le diciture ammissibili secondo Decreto Ministeriale, sono le seguenti
-“imbottigliato dall’azienda agricola” X
-“imbottigliato dal viticoltore” X
-“imbottigliato all’origine da” X
-“imbottigliato all’origine dalla cantina sociale” X
-“imbottigliato all’origine dai produttori riuniti” X
-“imbottigliato all’origine dall’associazione dei produttori” X
Per quanto concerne la zona di imbottigliamento invece, sono ammesse le seguenti diciture
-“imbottigliato nella zona di produzione” X
-“imbottigliato in” + nome della DOP o IGP
Se il vino è prodotto da uve appartenenti all’azienda, e vinificate all’interno della stessa, allora è possibile aggiungere la dicitura integralmente prodotto.